GiornalismoLa libertà di stampa è una garanzia per la democrazia. Su questo tema gli studenti delle scuole superiori di Roma e provincia hanno intervistato Massimo Giannini, direttore di Radio Capital, Marco Damilano, direttore del settimanale L’Espresso, Pietro Suber di Mediaset e Floriana Bulfon, giornalista del settimanale L’Espresso. L’iniziativa, promossa dalla Consulta degli studenti di Roma e dalla Regione Lazio, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti e la rete NoBavaglio, s’è svolta presso lo spazio “We Gil” a Roma Trastevere.
Samuele Lucidi, studente del liceo classico “Augusto” e presidente della Consulta degli studenti, aprendo i lavori ha sottolineato l’importanza del giornalismo per la salvaguardia della democrazia. A seguire Gian Paolo Manzella, assessore allo sviluppo economico della Regione Lazio con delega all’editoria, ha messo in guarda dai crescenti tentativi di delegittimare i giornalisti, mentre il consigliere regionale Daniele Ognibene, delegato del governatore Zingaretti, plaudendo all’iniziativa studentesca ha preso l’impegno perché la Regione Lazio apra un percorso nelle scuole per mantenere alta l’attenzione sui temi dell’informazione. Particolarmente articolato e appassionato l’intervento di Massimo Giannini. La firma del quotidiano La Repubblica ha ricordato come ogni potere, in ogni tempo, veda sempre con sospetto chi fa informazione. E ciò costituisce una minaccia sia per la libertà di stampa sia per il diritto ad essere informati.
“Nel nostro Paese, specie con i governi Berlusconi, abbiamo registrato continui tentativi di piegare il quinto potere – ha evidenziato Giannini. “Ed oggi le cose stanno peggiorando perché la politica, attraverso la rete, fa direttamente informazione, sovvertendo le gerarchie e scalzando i giornalisti. Proprio per diffondere la sensazione che i giornalisti non servano più a nulla si sfruttano le potenzialità di internet, tra l’altro il mezzo preferito dai giovani per informarsi – ha spiegato ancora Giannini.
Il giornalista, ospite fisso a DiMartedì, s’è quindi soffermato sulla costante opera di delegittimazione di chi fa informazione, attività per la quale si ricorre anche all’eliminazione fisica dei giornali cartacei sia attraverso leggi ad hoc, come l’interruzione dei finanziamenti pubblici ai giornali (in realtà già molto limitati da tempo) sia intervenendo sulla riduzione della pubblicità, cioè strozzando un importante canale di finanziamento.
Ma non si tratta di un fenomeno soltanto italiano, in quanto investe numerose democrazie. “Emblematici i casi, ad esempio, di Malta, della Turchia, dell’Ungheria, dove addirittura la costituzione è stata modificata per mettere una mordacchia a chi fa informazione – ha continuato Giannini. “Da noi non credo che si ritorni al fascismo, ma di certo sta maturando qualcosa di diverso dalla democrazia. Avendo tuttavia resistito a Berlusconi, figuriamoci se Di Maio o Salvini riusciranno a piegarci – ha concluso il direttore di Radio Capital.
Sulla stessa linea Marco Damilano. Il direttore del settimanale L’Espresso ha ricordato come la storia della stampa sia strettamente intrecciata con quella della libertà. Lo ha fatto rievocando il film L’ultima minaccia con Humphrey Bogart che interpreta il direttore di un quotidiano contrario alla cessione della testata dopo la morte dell’editore per portare a termine una campagna contro un’organizzazione criminale. Immortale ed emblematica la frase che il protagonista pronuncia dopo aver dato l’ordine di stampare: “È la stampa, bellezza! E tu non ci puoi far niente!”.
Damilano ha ribadito come a qualsiasi potere diano fastidio sia le opinioni forti e dissonanti, che nei limiti della civiltà e della tolleranza hanno sempre diritto ad essere espresse, sia le notizie, perché rappresentano spesso “un sipario che si apre su verità scomode, una luce in una stanza buia che illumina vicende imbarazzanti”. E in un Paese “pieno di poteri bui, criminali, massonici, talvolta intrecciati, le notizie svelano il volto che non ti aspetteresti”.
Ma proprio perché siano efficaci, “le notizie vanno maneggiate con cura, con competenza, con professionalità – ha spiegato il giornalista ospite fisso a Propaganda Live su La7 – perché la costruzione di un’inchiesta richiede tempi lunghi, pazienza, astuzie, strategie, dedizione, anche risorse economiche e per fare tutto ciò non ci si può affidare al fai-da-te, che infatti predilige il semplice post”.
Certo, i tempi cambiano in fretta. Anche l’articolo 21 della Costituzione dedicato alla libertà di stampa, per quanto dall’immutata forza simbolica, regola contesti profondamente mutati. “Oggi i colpi di Stato si fanno con libere elezioni – ha continuato Damilano – basta vedere quanto è successo in Russia, in Ungheria, in Brasile. C’è un’idea di democrazia che dura un solo giorno, quello delle elezioni, dal giorno dopo chi vince si sente legittimato a poter fare tutto. La battaglia contro le censure, quindi, pone nuove sfide anche su un piano di credibilità, di fiducia con il lettore, di conformismo”.
I rischi connessi al mestiere di giornalista è stato il tema approfondito da Floriana Bulfon. La giornalista, con numerose esperienze televisive alle spalle, ha ricordato le decine di professionisti che vivono permanentemente sotto scorta “a causa di mafie vecchie e nuove, responsabili non solo di aggressioni fisiche e minacce ma anche di querele temerarie con richieste milionarie di risarcimento civile, una calamità per giornalisti spesso freelance, precari, quindi particolarmente vulnerabili”.
Della lotta alle bufale che girano in rete e al linguaggio ormai fuori controllo ha parlato Pietro Suber. “Emblematico il tema dell’immigrazione, spesso marchiata di aggettivi finalizzati ad alimentare un ingiustificato clima di paura”.
Gianluca Leoni del liceo scientifico “Touschek” di Grottaferrata, citando la celebre frase di Goebbels sulla bugia ripetuta infinite volte che diventa verità, ha chiesto come contrastare il fenomeno delle fake usate soprattutto come perenne campagna elettorale. Giannini gli ha risposto che queste mistificazioni, spesso efficacemente definite fattoidi, nascono dall’importanza assegnata alla narrazione, allo storytelling, cioè si declassa il fatto vero e proprio valorizzando il modo come si racconta o l’idea che uno s’è fatto su quella cosa. “La risposta è la conoscenza – ha spiegato Giannini. “Quando, ad esempio, si dice che non sono veri i tagli all’istruzione o alla sanità, occorre superare la pigrizia e andarsi a vedere i bilanci, distinguendo l’ufficialità dal flusso alluvionale di notizie vere o presunte. Cioè non bisogna fermarsi al primo livello dell’informazione. Gli utenti debbono collaborare con i giornalisti fidandosi solo dell’autorevolezza della fonte”.
Giorgio Carratta, studente del liceo classico “Augusto” di Roma ha posto il problema della diffusione di linguaggi sempre più violenti, anche nei confronti dei giornalisti e Damilano ha ricordato l’esperienza di Trump, che “ogni mattina insulta qualcuno perché vuole comunicare che lui è come i suoi elettori”, da qui l’esigenza di “ripulire il linguaggio dalle tossine dell’odio, del sessismo, del razzismo, della xenofobia, della confusione terminologica”, tornando ad utilizzare le parole correttamente, “libere da pregiudizi e da stereotipi”.
Chiara Servisole del liceo classico “Socrate” ha espresso sfiducia verso un ritorno della carta stampata, per quanto più autorevole, rispetto alle più comode e moderne tecnologie digitali. I relatori hanno rifiutato una logica di concorrenza tra i due strumenti in quanto sarebbe sbagliata l’idea “che una cosa superi l’altra”. In entrambi i fronti sono la scrittura e la lettura a non poter essere messe al bando. Tuttavia – è stato ricordato – la carta continua a rappresentare un certificato di garanzia perché c’è un’esperienza sedimentata nei secoli.
Il dibattito s’è concluso con altri interventi studenteschi. Tommaso Marino del liceo classico “Aristofane” ha richiamato il rapporto essenziale tra l’informazione e la scuola; Filippo Perticara del liceo classico “Manara” ha parlato del nuovo giornale open di Enrico Mentana; Amro Shalaby del liceo classico “Augusto” s’è domandato se i politici grazie ai social non rischiano di diventare più persuasivi dei giornalisti; Alberto Telli del liceo classico “Tasso” ha infine raccontato l’esperienza dell’occupazione nel suo istituto e di come alcuni giornali abbiano stravolto la realtà.
Fonte: appiohblog.it